NAPOLI - Di lui se ne parla spesso, le sue figure si notano dapperttutto. Si tratta di Tommaso Aniello D'Amalfi, nato a Napoli nel 1620, meglio conosciuto come Masaniello, capo dei rivoltosi napoletani che dal 7 al 16 luglio del 1647 insorgono contro la pressione fiscale imposta dal vice re spagnolo, don Rodrigo D’ Arcos.La rivolta si scatena a causa dell’ esasperazione del popolo che invoca una vita più dignitosa. E quando tutto sembra andare per il meglio, dopo dieci giorni dalla rivolta, Masaniello è arrestato e decapitato, gettato nel fosso, mentre la testa è portata al vice re come prova della sua morte. A tradire Masaniello è lo stesso popolo ignorante che lo ha aiutato nella rivolta. Miserevole anche la sorte della sua bellissima moglie, Bernardina Pisa, che rimane vedova, costretta a prostituirsi per vivere. Oggi il giovane pescatore di polipi è ricordato da una lapide ed una statua, nella zona di Piazza Mercato.
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Questo racconto, ovviamente, è la sintesi di una storia che mette in risalto, sia pure indirettamente, i valori per i diritti dell’uomo. Masaniello era un pescatore, ma prima ancora un garzone pescivendolo sulla banchina del lungomare di Napoli. Questo per dire che da sempre il pescatore a Napoli à il simbolo della città ai piedi del Vesuvio che si specchia nel golfo. Simbolo del romantico, soggetto di poesie e cartoline, il pescatore è l ‘uomo sempre avvolto nei pensieri, perché solo o, se in compagnia, è con la sua amata barca “battezzata” col nome proprio di persona come Chiara, Lucia, Assunta, Anna, Teresa, oppure Luciana o Filomena e cosi via con altri nomi. Pelle scura perché sempre sotto il sole e se sveglio di notte sotto le stelle, il pescatore è la persona più calma e gentile che possa esistere.
Egli trascorre la vita nella pace, lontano dal traffico che logora e che innervosisce; è fuori dagli schemi del lusso sfrenato, ma è sempre presente come in un passato che non c’è più, preso dai pensieri accompagnati dallo scroscìo dell’onda, o ancora dal verso strudulo dei gabbiani. E se si è fortunati ad incontrarne uno, lo si trova sulla banchina a completare qualche lavoro o aspetta i suoi compagni che rientrano dopo la pesca per poi tramutarsi tutti in pescivendoli, proprio come un tempo faceva Masaniello. Oggi quella tradizione sul lungomare di Napoli c’è ancora. E’ il caso di Salvatore intento a costruire “nasse” ovvero gabbie a forma di cesto con ingresso ad imbuto per catturare crostacei e pesci di fondo. Ma Salvatore ha l’obiettivo di catturare polipi.L' esca è appesa all'interno che attira il pesce.Antichissimo mestiere tramandato padre in figlio e che già ai tempi di Masaniello le nasse, sia pure di vimini erano molto usate per la pesca del polipo e altre specie di pesci. Chi costruisce nasse si chiama nassaio o nasserolo.
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