Come Victor Hugo nell’ “Arte di essere nonno” si rivolge ai suoi due nipotini, Giorgio e Giovanna dichiarandosi vinto dalla loro dolcezza
Ci sono momenti in cui non ne puoi fare a meno di essere presente, anche se l’incertezza t’investe a causa di un pensiero fisso: sei diventato nonno, ma non fai parte di quel piccolo nucleo di famiglia, anche se sai bene che oggi i nonni sono figure di grande valenza nella crescita del bambino. I nonni trascorrono molto tempo con i bimbi, ma il ruolo è difficile quanto oscuro. E dire la tua, talvolta, diventa pesante. I consigli sono poco accettati dai genitori e te ne accorgi di come si comportano quelli della famiglia che abita accanto o senti qualche vocio salendo la scala nel condominio. Insomma, hai il tenero infante fra le braccia, lo guardi contento e con fierezza, ma già i pensieri ti affaticano per come nei giorni avvenire ti devi comportare o ti devi guadagnare l’invito ad entrare in quel ruolo. Resta però la fierezza del nonno che si diverte e promuove nuove parole al neonato… in questo caso alle neonate, Rosy e Marta che fanno riscoprire la dolcezza della vita in quei sguardi, ove oscilla la propria anima. E qui arrivano alla mente i versi di un rinomato poeta, Victor Hugo, francese e uomo politico contro Napoleone III. E per questo vissuto in esilio per moltissimi anni. Hugo, nell’ “Arte di essere nonno” si rivolge ai suoi due nipotini, Giorgio e Giovanna dichiarandosi vinto dalla loro dolcezza, più che dall’ impresa di Napoleone. La dolcezza che sboccia come fiori negli sguardi teneri di Giorgio e negli incomprensibili discorsi di Giovanna: dolci canti offerti all’ immensa natura e “ch’ ella completa con un sorriso nel qual ondeggia un’anima e tremola un sogno, e mormora indistinto, vago, oscuro, confuso, mescolato, Dio. Il buon nonno ascolta sorpreso”. Rapito nell’incantesimo dell’infanzia spensierata che lo circonda e lo allieta. Hugo si ritrova ad essere felice di essere “un nonno sia pure sconsiderato e che passa tutti i limiti”, sublime nei pensieri e nelle parole con cui contempla l’ingenua bellezza, abile nel creare musicali filastrocche. In quei due bambini ottiene il riscatto, la gioia grande che gli fu negata dopo la morte di tre dei suoi figli, Léopoldine, Charles e Francois-Victor: e scrive: “Quando voi, bimbi, parlate, io mi chino, ascoltando ciò che dice l’anima pura, e mi par d’intravvedere un vago spiraglio dei grandi cieli stellati. Perché voi, o dolci cicalatori strani, eravate pur ieri gl’ interlocutori degli astri e degli angeli; in voi nulla è cattivo; a me, su cui brontola la nuvola, voi apportate non so qual raggio dell’aurora sconosciuta; voi ne venite ed io ci vado”.