Un primo pensiero va a Torpekai Amarkel, giornalista, 42 anni, di nazionalità afghana morta con suo marito e i suoi tre figli nel mare di Calabra insieme a tutti gli altri migranti coinvolti nel naufragio di Crotone. Ad oggi, 72 morti. Recuperate una bimba di 3 anni e una donna. Il corpo di Torpekai Amarkel e quelli dei suoi congiunti, nei giorni scorsi, erano stesi sulla spiaggia di Cutro. La giornalista e la sua famiglia erano scappati dall' Afghanistan perché lei, giovane mamma e moglie, era ricercata dai talebani. Lavorava alla radio nazionale e collaborava con l' Onu per promuovere l' emancipazione femminile. Negli ultimi tempi stava realizzando un servizio fotografico sulle condizioni delle donne in Afghanistan. Torpekai Amarkel credeva nel giornalismo quale via d'uscita da una condizione insostenibile voluta dal potere talebano.
In Afghanistan ci sono ancora i matrimoni forzati, matrimoni di bambine; le donne non hanno accesso alla proprietà, non possono divorziare. La questione perciò non può essere sottovalutata, non tanto per il fatto che ciò riguarda i diritti umani, ma soprattutto mette in evidenza l’ ulteriore difficoltà che hanno avuto in passato i contingenti dell’ Alleanza Atlantica in quel territorio arretrato socialmente e culturalmente e che ancora oggi la massima delegazione delle Nazioni Unite dice ai talebani di porre fine alla reclusione, alla privazione e all'abuso dei diritti delle donne. Nel mese di gennaio scorso negli incontri con le autorità de facto a Kabul e Kandahar, la delegazione Onu, durante una missione di quattro giorni ha lanciato direttamente l'allarme, con un comunicato stampa per il recente decreto che vieta alle donne di lavorare per organizzazioni non governative nazionali e internazionali, una mossa che mina il lavoro di numerose organizzazioni che aiutano milioni di afghani vulnerabili.
L'ultimo giro di vite contro le donne lavoratrici ha fatto seguito agli editti dei talebani fondamentalisti di chiudere le università alle studentesse, fino a nuovo avviso e di impedire alle ragazze di frequentare la scuola secondaria. Ma c'è altro che spesso non si dice: Non si può portare allo sviluppo un territorio quando la metà del popolo è oppresso dalla propria cultura rozza e arretrata. Donne costrette a subire violenze all’ interno del matrimonio. I mariti pretendono il sesso dalle mogli o la disperazione che obbliga le stesse a chiedere il permesso al marito per poter uscire di casa. Una circostanza peraltro già discussa alcuni anni addietro, quando si mobilitarono numerose associazioni contro il governo afghano, che aveva legalizzato, tra le altre cose, lo stupro all’ interno del matrimonio. Nella nuova versione della legge, infatti, non c’è più alcun riferimento alla legittimità per il marito di pretendere il sesso dalla moglie. Di fatto, però, le stesse circostanze non sono cambiate nonostante la legge continua a contenere la disposizione secondo la quale un uomo non è costretto a mantenere la moglie se questi non ha “accesso” in lei. L’Afghanistan è un paese perennemente oggetto e soggetto di politiche e conflitti a causa del controllo del territorio geograficamente posizionato al centro di un complesso crocevia di interessi e traffici, seppur privo di risorse. Qui, mai nessuno ha saputo risolvere i tradizionali problemi dando modo di permettere al tribalismo e alla corruzione di avere sopravvento su ogni forma di sviluppo del paese. A questo si è aggiunto l’evento disastroso dell’ 11 settembre che a sua volta ha definito una politica d’ azione che non ha permesso di integrare il processo di ricostruzione del paese. In tutto questo si rivede la difficile ripresa delle attività politiche ed economiche, ma soprattutto lo scenario in termini di sicurezza. Insomma, queste donne neppure immaginano un futuro migliore, al di là della cultura locale con la quale convivono e impone loro di non avere la fantasia, di non sognare, di non scrivere, di non parlare, di non avere neppure le lacrime perché non possono permettersi di piangere. Pertanto è importante per noi italiani e il resto degli occidentali, parlarne e dedicare a loro un pensiero felice, sperando in un loro migliore futuro, radioso come il colore solare della mimosa.
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