RACKET E VITTIME. GIORNALISTI, MAGISTRATURA E ASSOCIAZIONI A CONFRONTO

NAPOLI - Le cose stanno cosi: “Oggi il fenomeno criminale è molto più complesso di come lo era 20 anni fa. Si tratta di soggetti diversi da quelli tradizionali, soprattutto quelli che hanno una specifica professione della quale la criminalità ne ha bisogno quando c’è l'attenuante economico per il racket. A ciò si aggiunge la mancata informazione adeguata nel racconto di fatti e circostanze.Questo, il significativo senso di una discussione intensa, ricca di riflessioni, tenutasi mercoledì 19 febbraio, nella sala degli avvocati situata all' interno del Palazzo della Procura di Napoli. Qui, dunque, il convegno dal tema “Racket e antiracket”. Manifestazione organizzata dall' Ordine dei giornalisti della Campania e promossa nell' ambito della Formazione Continua dei giornalisti. Ad aprire i lavori, Ottavio Lucarelli, presidente dell' Odg della Campania. L'iniziata ha prodotto cosi un maggiore consolidamento fra giornalisti, istituzione giudiziaria e associazioni per la tutela e il sostegno delle vittime del racket: "Abbiamo bisogno di un contrasto, di un racconto dei fatti e dei fenomeni che non siano più quelli di una volta, ma che siano caratterizzati dalla cosiddetta zona grigia, da quel mondo difficilmente riconoscibile e che è parte integrante del crimine - ha spiegato Antonello Ardituro della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli - Spesso si  tratta di soggetti che abitano alla porta accanto o nello stesso condominio, senza mai sapere chi veramente siano”. Insomma, per Ardituro il dibattito deve essere superato e non di poco. Anzi, il magistrato napoletano, riferendosi alla verità dello scrittore Roberto Saviano ha sottolineato:
“Abbiamo discusso per anni su Gomorra si, Gomorra no, fermarsi a quel dibattito significa perdere, essere sconfitti nel racconto di una città molto più complessa. Ora è necessario raccontare e mai fermarci ai primi titoli di giornali o notizie”. Di eguale pensiero, Luigi Cuomo, SOS Impresa - Rete per la legalità: "ll giornalista spesso non è completo nel racconto, rimanendo isolato chi veramente potrebbe aiutare la vittima, protagonista in un qualche triste epilogo. Nel caso le associazioni o organizzazioni che potrebbero dare supporto psicologico o addirittura economico alla vittima del racket non sono mai menzionate nel contenuto dell'articolo pertinente. Pertanto nessuno ne è a conoscenza di tali sodalizi. E proprio in tale contesto è intervenuta, Monica Mandico, giurista, fondatrice del Centro Tutela per le famiglie sovraindebitate: “Ci sono famiglie e imprese nel tunnel dell' indebitamento e nella rete dell’usura, persone che tentano finanche gesti estremi come il suicidio, si abbandonano a sé stesse, vanno in depressione, affidandosi, peraltro, nonostante tutto, a soggetti che non sanno neppure cosa significhi il sovraindebitamento, talvolta sono anche in mala fede al punto d' introdursi nello scenario dell' usura". Insomma, questi brillanti relatori, il monito ai giornalisti lo hanno lanciato con riferimento ad una tematica di grande rilevo sociale, ma soprattutto per evidenziare che il racconto dell’informazione debba essere quale strumento per rafforzare l’opinione pubblica di fronte al crimine. Moderatore del dibattito, il giornalista, Claudio Ciotola.





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